Angela Vettese, critica e curatrice d’arte, insegnate e scrittrice, collabora con varie riviste e università. È a capo del corso di laurea magistrale di arti visive dell’Università IUAV di Venezia, ha diretto Arte Fiera, il Premio Furla e curato decine di mostre. Il suo libro “Capire l’arte contemporanea”, edito da Allemandi, è il libro più venduto di quel settore in Italia.
Partiamo dall’inizio.
Ho iniziato a lavorare come assistente in una galleria a 20 anni, mentre studiavo. Da lì è iniziato tutto.
Quali sono le qualità fondamentali per un critico d’arte oggi?
Capacità di osservazione, relazioni, voglia di viaggiare. E un buon corso di studi con basi teoriche.
I social hanno cambiato il tuo mestiere?
Occorre essere più concisi e sicuri. I social media permettono di dire molto in poco spazio, ma giornali e riviste specializzate restano importanti per lo scambio e l’aggiornamento.

Qualche nome importante per il tuo percorso?
Ricordo tre amici che non ci sono più: Alighiero Boetti, Getulio Alviani ed Ettore Spalletti, per come mi hanno spiegato il loro lavoro.
La caratteristica principale di un curatore?
Capire le tematiche rilevanti della vita contemporanea e leggere i segni del futuro.
E di un artista?
Comprendere le direzioni del mondo.






Un progetto o una mostra che consideri particolarmente significativa nella tua carriera?
“ADRIATICO: le due sponde” nel 2002, al Premio Michetti a Francavilla a Mare. Confrontava il mondo “ricco” della costa italiana con quello ex-jugoslavo in uscita dalle guerre.
Dove sarà l’arte contemporanea tra dieci anni?
Vedo mezzi che si sovrappongono, raccontando un mondo connesso ma grande. L’arte affronterà i cambiamenti geopolitici e tecnologici, richiedendo passione per essere compresa.
La tua Milano invece, che immagine ha?
Quella della Triennale, il mio posto preferito.
