La missione è insegnare l’italiano ai migranti, senza voti, senza classi, “uno a uno” e a “tu per tu” Per loro e per tutti, adulti compresi, il nome Penny Wirton indica la possibilità di un riscatto. Abbiamo incontrato Laura Bosio, che ha aperto la Penny Wirton di Milano nel 2015, ma la prima sede di questo centro che insegna italiano ai migranti nasce a Roma ne nel 2008 e ce ne sono più di 60 in tutt’italia.
È una scuola a tutti gli effetti?
Diciamo che la missione è insegnare l’italiano ai migranti, ma senza voti, senza classi, “uno a uno”, a “tu per tu” tra insegnante e studente, perché ogni persona è un caso a sé e come tale va considerato.
Se dovessi raccontare Penny Wirton con un’immagine?
Ishawu, un ragazzo del Ghana di diciassette anni, timido, gentile, studioso, che regala una mela al suo insegnante. Finché c’è qualcuno che sa fare un gesto semplice e bello come questo, il mondo è salvo.

La vostra caratteristica principale?
La capacità d’ascolto: essere ascoltati è il bisogno più forte degli esseri umani.
Si può insegnare l’ascolto?
Con un esercizio: ascoltare è diventare chi si ascolta. Capiremo che le differenze sono valori da esaltare solo uscendo da noi, dalla prigione di noi stessi, e andando incontro a chi è diverso. Sono le nostre reciproche differenze che ci arricchiscono, che ci liberano. Acquisire altri occhi, perché i muri non proteggono, non salvano ma limitano.






Acquisire altri occhi per vivere altre storie, altre vite?
Esatto. Storie potenzialmente non hanno fine. Se non saremo noi a degradare l’umanità a “materiale umano”, non solo con l’orrore della violenza ma con la nostra indifferenza.
Sapersi raccontare aiuta a gestire meglio le relazioni con gli altri, saper litigare trovando vie di scambio o di incontro anche con le parole.
Un luogo di Milano che ami e ti rappresenta?
Un vialetto della Barona, in via Ettore Ponti, dove c’è una ciclofficina fantastica, non solo per le biciclette ma per la “cultura dell’aperto” che lì si promuove, si vive. Paolo Conte chiude la sua canzone intitolata “Velocità silenziosa” dicendo che “una bici la si ama come l’ultima delle fantasie”.
