Sara Potente

Sin da giovanissima, Sara Potente ha vissuto la musica come una passione totale, alimentata dalla frequentazione di centri sociali, festival e club dove la musica live era protagonista. Oggi, quella passione è diventata la sua professione: Sara è una figura chiave nell’industria discografica, ricoprendo il ruolo di direttrice artistica per Sony Music/Dischi Numero Uno.

Le principali sfide che hai incontrato nel corso della tua carriera?
Quella che sto vivendo ora con la Numero Uno è la più eccitante finora: riattivare l’etichetta storica di Mogol e Battisti è stato un sogno. Ora bisogna mantenere alto il profilo e arricchirla con nuovi Artisti, dischi nobili e nuove hit.

Che approccio utilizzi per scoprire e soprattutto gestire nuovi talenti che firmi?
Mi piace fare scouting alla “vecchia maniera”, andando nei piccoli club e festival. Uso tutte le piattaforme a disposizione e ho una rete di addetti ai lavori che mi presentano nuovi progetti. Per la gestione, lavoro con il mio team proponendo references e nuove figure da coinvolgere.

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Quali sono le qualità che cerchi in un artista emergente?
La visione, la personalità e il carisma vocale.

Come bilanci l’aspetto creativo e commerciale nella tua attività discografica?
È la parte più difficile. La fiducia reciproca tra A&R e Artista è fondamentale. Insieme si creano le basi per entrare in un mercato e aprirne altri, sempre seguendo la linea dell’artista.

Quali consigli daresti a chi vuole intraprendere una carriera nella discografia?
È importante avere una visione chiara e concreta. Bisogna essere razionali, sapere dove si vuole arrivare e quali risultati raggiungere. La fame di conoscenza nel campo musicale e nelle arti visive è essenziale.

Quali sono i tuoi metodi preferiti per rimanere ispirata e creativa nel tuo lavoro?
Annoto tutto ciò che mi colpisce, sia in positivo che in negativo, durante concerti, mostre, cinema, teatro o leggendo un libro. Parlo spesso con amici creativi e colleghi, serate che chiamo “comizi d’amore”.

Milano, la tua Milano, se fosse un disco?
“Kind of Blue” di Miles Davis: elegante, composta, malinconica e stronza quanto basta. Un capolavoro.

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