Tarin

Tarin è una fotografa che ha saputo imporsi nel panorama della fotografia di nudo grazie a un approccio sensibile e intimo. La sua arte esplora il corpo umano come una forma di espressione emotiva e identitaria, creando immagini che raccontano storie di bellezza, vulnerabilità e forza. Ogni suo scatto nasce da una connessione profonda con il soggetto, trasformando ogni fotografia in un atto di autenticità. Abbiamo avuto il piacere di andare a casa sua per farle qualche domanda.

Chi è Tarin in poche parole?
“Una di poche parole.”

Qual è il tuo primo ricordo legato alla fotografia ?
“È stato quando ho preso in mano la mia prima Polaroid a 7 anni e ho iniziato a fotografare le persone che mi circondavano.”

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Milano, la città che oggi chiami casa, quali immagini ti evoca?
“Delle immagini notturne, quando la città è avvolta dal silenzio e tutto sembra possibile, anche viverci.”

Da dove nascono le tue idee?
“Le mie idee, o meglio le mie immagini, nascono attorno a un racconto, a una storia che voglio raccontare.”

Quando un tuo lavoro è importante per te?
“Quando restituisce identità e dignità alla donna, utilizzando un genere che spesso l’ha depotenziata e equivocata.”

Hai mai temuto che un’opera non fosse all’altezza delle tue aspettative?
“Nel mio lavoro, che si basa sul contatto emotivo, non ci sono aspettative, ma constatazioni.”

C’è un soggetto che ami particolarmente fotografare?
“Quando si scatena empatia e complicità tra me e il soggetto, è una connessione autentica.”

Un’opera d’arte che ti ha profondamente influenzato?
“Le scelte sono tante, ma ne scelgo due: Innocenzo V di Velázquez e un piccolo quadro di Savinio che ho visto a Torino.”

Ti è mai capitato di pensare di smettere?
“Non ho mai pensato di smettere.”

Come reagisci quando qualcuno fraintende il tuo lavoro?
“A volte sono indifferente, altre volte sono infastidita, soprattutto se percepisco una chiusura a priori.”

Se la tua arte fosse una melodia, quale sarebbe?
“My Favourite Things di John Coltrane.”

Se dovessi scattare una foto per raccontare il futuro, cosa immortalerei?
“Fotograferei un gatto, ma essendo una divinità, non rappresenta il futuro, è il presente.”

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