Abbiamo incontrato @gabrielemicalizzi, fotoreporter di guerra e co-fondatore del collettivo @cesura_. Milanese, classe 1984, un corpo pieno di cicatrici, un sopravvissuto con nessuna paura della morte. Ci ha raccontato la sua storia tra Milano, l’Australia, il Medio Oriente e un paesino in collina diventato roccaforte della fotografia.

Come hai iniziato?
Tutto è nato a scuola, nella camera oscura, ho visto i primi libri dei grandi reporter e sono rimasto completamente affascinato da quella visione: posti esotici, espressioni incredibili di sofferenza e rabbia, emozioni forti.
Che tipo di fotografia facevi?
Incidenti, omicidi, manifestazioni. Imparavo a muovermi in città, a entrare ovunque. Era un Far West, ma formativo. I miei primi scatti erano sul giornale “New Press” per cui lavoravo.

Qual é il tuo luogo del cuore a Milano?
Cascina Gobba. Ci sono nato e cresciuto, dopo tanti anni il cuore mi riporta sempre lí.
Poi sei partito?
Ho vissuto in Australia, fatto mille lavori: cuoco, surfista, raccoglitore di fragole, tatuatore. Volevo vedere il mondo.

Esperienze assurde?
Surf tra squali e coccodrilli, allucinazioni per sangue di rana nell’occhio, serpenti ovunque. L’Australia era un delirio, ma formativa.
Come sei arrivato a Cesura?
Un giorno ho varcato la soglia dello studio. Era vuoto, c’erano solo tre stampe per terra. Non me ne sono più andato. Dormivo lì, dipingevo le pareti, aiutavo. Poi ho
incontrato Alex Majoli. È stato il mio maestro.

Cos’è Cesura?
Una famiglia, un rifugio. Ogni fotografo ha la sua voce, ma esiste un’identità comune. Senza marketing, solo resistenza.
La svolta?
La morte di Andy Rocchelli in Ucraina. È stato un trauma, ma anche un riconoscimento pubblico. Lui era il nostro equilibrio.



Economia del collettivo?
Abbiamo scelto la purezza, rifiutando il commerciale. Forse un errore, ma coerente.
Hai un approccio autoriale?
Sempre. Il reportage classico mi stava stretto. Come dice Majoli: “Anche un bicchiere va fotografato in modo autoriale.”

Il vostro motto?
Partiamo da chi c’era prima, insegniamo a chi verrà. Il futuro è la resistenza.
Una frase che ti rappresenta?
“La storia non ha copione, le cose sono imprevedibili.”
