Siamo stati nella redazione di @tuorlomagazine, piattaforma editoriale che esplora il cibo come cultura, linguaggio e innovazione, andando oltre la tavola. E qui il fondatore Luca Genova ci ha mostrato nuovi modi di mangiare.

Cos’è Tuorlo Magazine?
Siamo un po’ media company e un po’ agenzia creativa. Ma in entrambi i casi, siamo un posto dove si può ancora sognare.
Com’è nato?
Ad aprile 2020, in piena pandemia, ci siamo chiesti: come sarà il “dopo”? Da lì è nata l’idea di affiancare al nostro lavoro da agenzia verticale sul food un vero e proprio media. Un luogo dove esprimerci e, soprattutto, offrire ai brand un nuovo modo di raccontarsi.
Perché il tuorlo?
Per me è sempre stato un’icona pop: il centro della vita, la base della cucina italiana. Siamo partiti dall’essenza per costruire tutto il resto.

Il tuo piatto preferito?
Il panino con le panelle a Piazza Marina (Palermo), la domenica mattina a colazione.
Che piatto è Milano?
Milano cambia piatto ogni stagione, come la moda. È stata toast, ostrica, pasta al burro… oggi vorrei che tornasse alla sua tradizione, e quindi una cotoletta la mangerei volentieri.
La cosa più assurda che ti sia mai successa?
Nel 2021, durante uno dei primi documentari di Tuorlo, un lockdown improvviso ci ferma per dieci giorni a Caporetto, in Slovenia, ospiti di Ana Roš, con cui stavamo collaborando. Il secondo giorno, per spezzare l’attesa, usciamo a camminare in un bosco lì vicino e ci imbattiamo in una distesa di magic mushrooms. Ciak si gira!

Se dovessi spiegare Tuorlo a un bambino di 5 anni, come lo faresti?
Come dice mia figlia Olivia: “È il magazine sul cibo più figo d’Italia su Instagram.” Sarà di parte, ma onestamente… ha ragione.
Cosa pensi che il cibo dica delle persone?
Come fai all’amore.
Se il futuro del cibo fosse un film di fantascienza, che scena vedresti?
Un rave in un campo di grano, dove al posto delle droghe si distribuiscono pomodori fermentati e si balla per la terra. Ovviamente, tutto sponsorizzato da una gdo.

