Abbiamo fatto due chiacchiere con Rossella Farinotti negli spazi dell’archivio Gio’ Pomodoro, di cui è direttrice.
Nata e cresciuta a Milano, Rossella è curatrice, critica d’arte, giornalista e professoressa. Ci ha parlato della sua Milano, di cinema, arte, del lavoro all’archivio e di qualche progetto futuro.

Chi è Rossella?
Una persona cresciuta con il cinema, che ha studiato arte e città, e che oggi lavora con gli artisti.
Ultimo film e mostra visti?
Le assaggiatrici di Silvio Soldini e la personale di Luigi d’Eugenio curata da Roberto Cuoghi da Ordet.

Che luoghi frequenti a Milano?
I luoghi del lavoro, Università Cattolica, NABA, l’Archivio Gio’ Pomodoro e poi gallerie, pochi locali, studi di amici e la Martesana in zona Gorla.
Come sei arrivata all’Archivio Gio’ Pomodoro?
Nel 2016, chiamata dal critico Marco Meneguzzo per riattivare l’Archivio, chiuso da qualche anno, per lavorare sul catalogo ragionato.

Un curatore con cui sogni di lavorare?
Massimiliano Gioni e le sue mostre site specific a Milano.
Quando hai deciso di fare la curatrice?
Durante l’accademia, lavorando in galleria. Dopo una telefonata ad un mio professore (e curatore), dice solo che volevo fare il suo mestiere. Il percorso è iniziato subito.

Artisti contemporanei importanti per te?
Ho imparato tanto lavorando con loro, a partire da Emilio Isgrò, il primo con cui ha collaborato.
Mostra più rappresentativa della tua carriera?
“How far should we go?”, collettiva presso Fondazione ICA Milano.

Dove vai al cinema a Milano?
Al Beltrade con amici, all’Anteo e da sola all’Arcobaleno per lavoro.
Che consigli dai agli studenti?
Guardarsi intorno, essere corretti e non fidarsi di chi non è reale.

Cremona Art Week 2025: qualche anticipazione?
Luoghi speciali come una cripta e un ospedale abbandonato. Ogni opera sarà un frammento narrativo legato al luogo che la ospita.
Se Milano fosse un film? E un’opera d’arte?
Un film diretto da Wim Wenders. E un’opera immaginata da Andy Warhol, non solo il Cenacolo.





