SARAFINE

Al @godaifest ci siamo imbattuti in Sara Sorrenti, cantante, produttrice musicale e DJ italiana. 
@sarafine___ è partita da una passione per la musica elettronica, arrivando fino al palco di X Factor, e ad oggi è una delle voci più originali e innovative della nuova scena italiana. E proprio negli spazi del Parco ex Paolo Pini che ci ha raccontato di sé e della sua musica.

Chi è realmente Sara?
Sono una che impara ad autodeterminarsi e a gestire la sua vita e le proprie emozioni resistendo ad un mondo che cerca di definire tutti.

Parlaci dei tuoi inizi?
Ho iniziato scrivendo canzoni a 20 anni e suonando la chitarra in una band folk di cui ero anche la cantante. Poi la mia vita ha preso una piega prevedibile, dopo essermi laureata in economia aziendale ho lavorato in varie multinazionali, abbandonando la musica per molti anni. L’ho riaccolta nel 2020 mentre vivevo a Bruxelles. Mi sono appassionata alla musica elettronica e agli strumenti che mi consentivano di raggiungere il sound tipico del nord Europa, mi sono approcciata ad Ableton e da li è reiniziato tutto.

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Il tuo stile in 3 aggettivi?
Ironico, crudo, lucido.

Il tuo rapporto con Milano?
Ho un bellissimo rapporto con Milano. È la mia seconda casa dopo la Calabria.

E il tuo quartiere preferito?
Direi Lambrate. È un quartiere un po’ più underground mi fa sentire a mio agio.

Se Milano fosse una tua canzone quale sarebbe?
Control freak.

Chi è la tua ispirazione?
Non ho un’icona definita che mi ispira. Sono appassionata alle cose da cui mi sento compresa quindi tendenzialmente non ho un mito a cui voglio somigliare o di cui voglio ricalcare i passi ma ci sono diversi personaggi che mi ispirano, da Byung-Chul Han, Umberto Galimberti a Amanda Lear o persone con cui collaboro quotidianamente.

Se fossi un suono, che suono saresti?
Sarei un cattivissimo Bassone.

Se la città fosse rasa al suolo, e dovessi costruirla da zero, che immagine vedi?
Ho difficoltà ad immaginarmi Milano diversa da quella che è. Poi io non sono una che inventa cose nuove piuttosto tendo a romanticizzare quello che già c’è.

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